La Madonna è una sola, ma a Boccadirio …(di Tito Casini)
Ah, sì! Abbiamo un bel sapere e un bel dire che la Madonna è una sola e tanto è pregarla qui che là, tanto è invocarla sotto un titolo che sotto un altro: nella realtà del nostro cuore la cosa è diversa, e io, per esempio, io non potrei godermi, come chi ha fatto tutto quel che doveva, le mie vacanze, se prima non fossi stato, sacco in spalla e bordone in mano, alla Beata Vergine delle Grazie di Boccadirio.
Essa è “la nostra Madonna” –per quanto non l’abbiamo né parrocchiana né diocesana – e andare almeno una volta l’anno a trovarla è tenuto poco meno che di precetto per chi abbia l’età di fare a piedi, tra in là e in qua, in una giornata, dieci ore del più aspro cammino, reso soltanto un po’ meno malagevole (se non lo fosse per niente, dove sarebbe il merito?) dalla benignità di Colei che scelse un luogo così rimoto e romito per stabilirvi la sua dispensa di grazie.
Luogo da capre, come si dice: e fu proprio a due guardianelli di capre, Cornelia e Donato (i loro nomi, dopo quasi cinque secoli, continuano a rifiorire sui fonti battesimali delle chiese d’intorno), ch’essa vi apparve, mentre, inginocchiati sotto un faggio, “Compulerantque greges in unum”, essi mescevano la loro preghiera a quella solitaria del rio. Come la Bella aveva predetto, Cornelia si fece suora – mentre Donato prendeva la strada del Sacerdozio – e dovè per questo lasciare sue caprette e il paese; ma dal suo convento di Prato, il suo pensiero andava sempre lassù: né ci volle di meno che un grande artista quale Andrea della Robbia per contentarla nel suo desiderio di aver di Lei un’immagine degna. L’immagine, dopo avere per qualche tempo consolato gli occhi della fanciulla tenendole compagnia, col nome di Vergine delle Grazie, nella sua celletta del suo monastero, partì, inviata da Lei, per essere collocata nel luogo della visione; e due volte, non avendola i paesani posta nel punto preciso, ch’era all’orlo di una rupe sporgente sul profondo corso del rio, fu ritrovata nel punto stesso: segno certo, come fu inteso, che lì doveva restare. Sorse allora, a cavallo del rio, sulla solida base di un arco di ben commesse e robuste pietre, il primo germe di un Santuario che si andò col tempo sempre più sviluppando – mentre le sue pareti si ricoprivano di cuori, di grucce, di bracci e di gambe artificiali -, sempre più affollato di pellegrini d’ ogni dialetto emiliano e toscano.
Le grandi occasioni sono, naturalmente, le feste universali della Madonna: il Venticinque Marzo, il Quindici Agosto, l’Otto Settembre e, nonostante il freddo, perfino l’Otto Dicembre, quando la neve, anch’essa sua immagine, non prema troppo ampio e grave tappeto le terre d’intorno. Ma tutti i giorni c’è, di qua o di là, chi si muove per andare a Boccadirio, e il tempo più confacente è l’estate, che il viaggiare di notte non scomoda e ci si può trattener là più a lungo.
Occorre infatti partir di notte, e ben di notte se si vuol esser là a giust’ora. Son più di quattr’ore che camminiamo, per sodi castagnetti, faggeti, pinete, abetine, praterie, scandendo i passi sul canto, lento, ritmico, uguale, dei mille e mille monasteri nascosti tra l’erba (il suol, scuro, duro, impuro, di una grande strada mondana non si è trovato che un attimo sotto i nostri scarponi: il tempo di tagliare, alla Futa, la “nazionale”), e l’accento bolognese si sente ormai nel “buon giorno” che qualche mattiniero pastore o bifolco intento alla mungitura o alla stramatura delle sue bestie ci dà o ci rende senza interrompere il suo lavoro.
Siamo infatti entrati in Emilia, lasciando nello stesso tempo la nostra regione, la nostra provincia, il nostro comune e il nostro popolo, e i nostri piedi posano già nella parrocchia della Madonna. Boccadirio è circa un’ora più su, e la qualità della strada, più larga e tutta fiancheggiata di tabernacoli, dice già la vicinanza del Santuario. Essa costeggia il ruscello che forma come il cognome di questa nostra Madonna, a’ cui piedi conduce, e che per la sua caratteristica di avere il letto, di sasso, tutto fatto a gradini, ha dato origine alla credenza che per esso la Madonna sia salita fino al luogo in cui si svelò.
La strada si fa pregando, ed è abbastanza erta e lunga (specie per chi è in cammino da più di quattr’ore) perché, di mistero in mistero, la Fanciulla di cui prendiamo a ridir la storia passi nel frattempo da “ancella” a “regina del cielo”.
Pregando e ansimando si arriva così in cima alla salita che attraverso l’alto azzurro arco del loggiato orientale sfocia e declina nel piazzale antistante la chiesa. Dopo un attimo di sosta, il tempo di riprender fiato e serrar le file, il capogruppo solleva, continuando il rosario, la voce e dice: Sancta Maria … e la litanica gara a chi meglio loda finisce ai piedi della Lodata col titolo estralitanico col quale le saranno indirizzate le nostre più svariate domande: Nostra Signora delle Grazie di Boccadirio … Perché siano più accettevoli, ecco che tutti, dopo un primo ansante saluto, si spargono ai confessionali.
(Tratto da: Intermezzo di Tito Casini - Libreria Editrice Fiorentina - 1942)